Un filo d’olio, di Simonetta Agnello Hornby è un libro multiforme: romanzo di formazione, saga familiare, ricettario di cucina siciliana.
Con il suo racconto l’autrice ci conduce in un’epoca passata, nella vita di una famiglia aristocratica che vive l’estate nella sua casa alle porte di Agrigento.
Tra le sue pagine si respira l’aria di Mosè, campagna siciliana d’altri tempi, su cui i contadini si affannavano ogni giorno per poi riposarsi all’ombra gustando i prodotti di una terra arida ma, in altro modo, ricca di vita.
Le giornate ruotano attorno al cibo e alla sua preparazione, in un alternarsi di ospiti più o meno illustri, di scorribande dei bambini, di amori impossibili e malumori sedati da una buona parmigiana di melanzane.
Un filo d’olio è un viaggio sensoriale nella tradizione culinaria dell’isola.
Essa è un tripudio di colori e sapori ma anche rappresentazione della passionalità e del senso di appartenenza alla famiglia che caratterizza i siciliani.
Un filo d’olio di Simonetta Agnello Hornby
Il libro, edito da Sellerio nel 2011, è scritto a 4 mani dall’autrice insieme alla sorella Chiara.
Pensato con l’intento di condividere le ricette della famiglia Agnello, si è poi trasformato in un racconto di vita arricchito da foto d’epoca.
Nelle sue 266 pagine sono narrate le estati di Simonetta Agnello Hornby, da quando era bambina a quando si preparò, ormai ragazzina, a partire per la Svizzera per “quel viaggio di istruzione che sarebbe stato solo l’inizio di una vita lontano dalla Sicilia”.
Da maggio a ottobre l’intera famiglia Agnello si trasferiva a Mosè: il trasloco richiedeva lunghi preparativi e prevedeva, ovviamente, ingenti quantità di cibo: “sacchi di legumi, pacchi di zucchero, tè, caffè, pasta, riso e lanne di tonno sott’olio e acciughe salate sufficienti per un popolo.”
Un filo d’olio è un racconto evocativo ambientato negli anni ‘50 in cui l’autrice, con la sua scrittura elegante, mescola sapientemente memorie, storie, cucina e sentimento.
Il cibo permea ogni pagina, è filo conduttore e sfondo al tempo stesso.
E allora è facile immaginare il calore della stanza in cui veniva cotto il pane per gli Agnello, per i contadini ma anche“ per i garzoni, i braccianti e gli operai avventizi.”
Arrivano vivide le immagini dei giorni di festa, tra giugno e luglio, quando la famiglia festeggiava numerosi compleanni e onomastici e i pasti culminavano con dolci ricchi e colorati come la crostata di frutta fresca.
Le ricette
La parte dedicata alle ricette è curata da Chiara Agnello che le propone divise in base al mese in cui si preparavano, cioè quello in cui era maturo l’ingrediente principale (quasi sempre un vegetale).
Ventotto piatti semplici e autentici tratti dal ricettario familiare e preparati con gli ingredienti portati dalla città sapientemente uniti a ciò che produceva la campagna.
Ecco quindi gli spiedini con tuma e acciughe, in cui si riutilizzavano gli avanzi di pane duro, preparato esclusivamente nel forno di casa.
La preparazione del pane è narrata con dovizia di particolari: la panificazione era un rito sacrale condiviso da tutte le donne di casa che, tra chiacchiere e silenzi, generavano la vita.
Dal miscuglio primordiale di farina acqua e lievito, nasceva l’alimento in grado di sfamare anche nei periodi di magra perché “la fame a Mosè non si fece mai, nemmeno negli anni di guerra”.
E non si fatica a crederlo: tra peperoni col pangrattato, cotolette di melanzane e pasta con le zucchine fritte è evidente come i prodotti della terra fossero alla base di un sostentamento povero ma ricco di gusto.
Sulla tavola della famiglia Agnello poi non mancavano mai i dolci e così troviamo la ricetta del tradizionale biancomangiare preparato con latte di mandorla, il gelo di melone, servito nelle calde sere estive e il semplice dolce di frutta, merenda molto amata dai bambini.
Biancomangiare con latte di mandorla
Leggere un libro di cucina e, per immergersi nelle sue atmosfere, preparare una ricetta è tra le cose che amo di più.
Per questo, con le amiche food blogger Gabriella Comini e Gabriella Rizzo, abbiamo creato la rubrica Instagram #frameofbreak, in cui condividiamo recensioni di libri e film e le ricette in essi citate.
Abbiamo dedicato il mese di marzo alle donne che scrivono di cibo: Mezzatazzaditè ha preparato il Fermi, una crema dolce al cardamomo tratta dal libro “Le cuoche che volevo diventare” di Roberta Corradin. Gabriella Rizzo, alias Homeworkandmuffin, ci ha deliziato con una torta tenera tratta da “I biscotti di Boudelaire” di Alice B. Toklas.
Per l’occasione io ho preparato il biancomangiare alle mandorle molto amato da Simonetta Agnello Hornby che così lo introduce nel libro: “Il biancomangiare era uno dei miei dolci preferiti. Ci volevano due giorni per prepararlo- le mandorle dovevano stare ammollo dodici ore, nè più nè meno“.
Chiedo venia per non aver seguito alla lettera la ricetta e aver utilizzato latte di mandorle già pronto ma il risultato è comunque degno di nota.
Vi lascio la ricetta originale, così come riportata nel libro.
Ingredienti per 6 persone
- 150 g di mandorle spellate
- 4 mandorle amare spellate
- buccia grattugiata di 1/2 limone
- 4 o 5 cucchiai di zucchero
- 70 g di amido
- 1 l di acqua
- 80- 100 g di cioccolato amaro
- 30 pistacchi spellati
Procedimento
Versate tutte la mandorle in acqua bollente. Attendete 5 minuti, scolarle e spellarle.
Fate la stessa operazione con i pistacchi.
Mettete le mandorle in una ciotola, coprite con 1 l di acqua e lasciare a bagno 12 ore.
Frullate le mandorle insieme all’acqua di ammollo. Lasciate riposare 1 ora e filtrate il liquido ottenuto con una garza.
Versate il latte di mandorle così ottenuto in una casseruola e unite l’amido e lo zucchero setacciandoli per evitare la formazione di grumi.
Accendete il fuoco e portate a ebollizione mescolando con una frusta a mano. Unite anche la scorza di limone.
Cuocete per 5 minuti circa o fino a quando la crema non diventerà densa.
Versate in 6 stampini e fate raffreddare.
Ponete in frigorifero per almeno 3 ore prima di servire con i pistacchi e il cioccolato tritati grossolanamente.
L’autrice
Simonetta Agnello Hornby è nata a Palermo nel 1945. Figlia di nobili, pisano il padre e siciliana la madre, ha vissuto un’infanzia privilegiata in Sicilia.
Dopo la laurea in giurisprudenza ha conseguito una borsa di studio all’Università del Kansas.
In seguito al matrimonio con un cittadino inglese si è trasferita in Inghilterra, dove ha avuto una brillante carriera come avvocato e giudice minorile.
Ha debuttato come scrittrice nel 2002 con il romanzo La Mennulara, tradotto in 19 lingue, a cui sono seguiti altri grandi successi come “La Zia Marchesa”, “Il veleno dell’Oleandro” e “Caffè amaro” solo per citarne alcuni.
Autrice di spicco della letteratura italiana, tratteggia con grande sensibilità vicende umane che hanno come protagoniste donne forti, caparbie e indipendenti.
Lo sfondo è quasi sempre la sua amata Sicilia terra dalle mille contraddizioni e dal fascino senza tempo.
Perché leggere Un filo d’olio
Un filo d’olio è un libro per chi ama la Sicilia, i suoi sapori, gli aromi e i colori di questa terra unica.
E’ una lettura perfetta per gli appassionati di cucina che potranno riprodurre le ricette tradizionali della famiglia Agnello.
Chi ama le storie familiari, invece, ritroverà in questo libro uno spaccato della Sicilia del secolo scorso e vivrà con i protagonisti le contraddizioni di una società in evoluzione.
Un filo d’olio è una lettura ricca e coinvolgente che grazie alla scrittura elegante, ricca e arguta della sua autrice ci invita a riscoprire il valore del cibo come elemento di condivisione e di memoria.